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3. IL PROCESSO DI FABBRICAZIONE
La carta si ottiene da una sospensione di materiale fibroso in concentrazione intorno all'1%. Tale impasto viene steso su una tela tessuta ad anello chiuso. L'acqua, eliminata per drenaggio, pressatura ed essiccamento finale, lascia le fibre irregolarmente disposte e reciprocamente legate.
Il processo, basato sul principio della feltrazione, permette di unire saldamente tra loro fibre cellulosiche sospese in acqua e dare origine a un foglio di carta.
La fabbricazione della carta avviene in appositi macchinari chiamati macchine continue, prima dell'impiego di detti macchinari è necessario però svolgere alcune operazioni sulle materie prime al fine di ottenere una sospensione chiamata impasto, da cui, mediante lavorazione sulle continue, verrà poi ricavata la carta.
La materia prima fibrosa (sia essa pasta chimica, meccanica, semichimica o carta da macero), per essere trasformata in carta necessita quindi di opportuni trattamenti.
3.1 LA PREPARAZIONE DEGLI IMPASTI
La carta non è generalmente formata da un solo tipo di materiale fibroso, pertanto è necessario dosare, miscelare e lavorare i diversi tipi di paste a cui vengono aggiunti anche prodotti ausiliari come le sostanze di carica e i collanti.
La fase di preparazione degli impasti è vitale per l'intero ciclo produttivo della carta in quanto, solo una perfetta e controllata preparazione dei prodotti fibrosi consente l'ottenimento delle principali caratteristiche che qualificheranno il prodotto finale, come la resistenza meccanica, il liscio, lo spessore, l'opacità, ecc.
Vediamo allora quali sono le varie fasi del processo di preparazione degli impasti e qual è la loro funzione.
3.1.1 LE FASI DI SPAPPOLAMENTO E RAFFINAZIONE
Considerando il caso di cartiere, come quelle italiane, che non sono in grado di integrare l'intero processo produttivo (dall'abbattimento del legno nel bosco, all'ottenimento del prodotto finito) e sono quindi costrette ad acquistare le materie prime fibrose allo stato secco, la prima operazione da effettuare in cartiera è quella di spappolare il materiale fibroso nella vasca di un apposito macchinario, denominato pulper (o spappolatore), contenente acqua e che ha lo scopo di separare il materiale fibroso in fibre allo stato elementare.
Lo spappolatore è costituito, oltre che dalla vasca già menzionata, da una girante dotata di lame posta sul fondo del pulper stesso; il moto vorticoso creato dalla girante provoca lo sfaldamento dei fogli delle diverse paste impiegate riducendole in fibre elementari.
Il prodotto finale di questa fase è denominato sospensione e consiste in fibre in sospensione acquosa al 4% circa.
La pasta ottenuta con lo spappolamento deve essere poi sottoposta ad una ulteriore lavorazione meccanica chiamata raffinazione.
Un foglio di carta ottenuto con fibre non raffinate è generalmente caratterizzato da deficienti proprietà meccaniche; è molto voluminoso e presenta una superficie irregolare e aperta.
Lo scopo principale della raffinazione è quindi quello di aumentare i legami tra le fibre per sviluppare solidità e resistenza del foglio.
Altri parametri modificabili dall'entità della raffinazione sono: l'opacità, la porosità, l'impermeabilità, la stampabilità, ecc.
Queste variazioni delle proprietà della carta sono da ricercare nelle mutazioni che la singola fibra subisce con la raffinazione.
Durante la fase di raffinazione le fibre subiscono uno schiacciamento, e una conseguente azione di taglio, che ha lo scopo di renderle più plastiche e più flessibili; inoltre sulle loro pareti cellulari compaiono sottili filamenti che prendono il nome di fibrille.
In tal modo, dato che aumentano i punti di contatto tra fibra e fibra, nella successiva fase di formazione del foglio le caratteristiche di resistenza meccanica verranno esaltate.
3.1.2 LE FASI DI MISCELAZIONE, DILUIZIONE ED EPURAZIONE
La miscelazione è la prima fase del processo di trasformazione vero e proprio e consiste nell'omogeneizzare in maniera ottimale le materie prime fibrose tra di loro e con le altre materie di natura non fibrosa.
A questo punto l'impasto viene portato a valori di diluizione piuttosto rilevanti (circa 1% di fibre), in quanto le successive fasi di fabbricazione sono agevolate da impasti in forte diluizione con l'acqua.
Questa operazione, che richiede enormi quantitativi di acqua, è attualmente realizzata con il reimpiego delle acque di lavorazione provenienti dalle fasi successive (acque del sottotela della tavola piana). Ciò consente un notevole risparmio in quanto queste acque di recupero contengono in sospensione apprezzabili quantitativi di fibre e di sostanze di carica; con una conseguente riduzione del problema dell'inquinamento degli affluenti, dato che le acque vengono reimmesse nel ciclo produttivo e non scaricate nei corsi di acqua.
La precisione della diluizione (spesso governata da sofisticati controlli di processo computerizzati) è una componente determinante per il successivo processo di formazione. L'accuratezza delle regolazioni assicura la costanza del parametro fondamentale, sia tecnologico che commerciale, che è la grammatura al mq, ossia il peso della carta espresso in grammi e riferito all'area di un metro quadrato.
A valle del ciclo di diluizione e immediatamente prima della formazione, il flusso di sospensione fibrosa subisce un processo di epurazione, che permette l'eliminazione di eventuali impurità (sabbia, schegge di legno, grumi vari) utilizzando i principi fisici del differente peso specifico (cleaners) e differente dimensione (epuratori verticali).
3.2 IL TRATTAMENTO DEI MACERI
Quando si utilizza carta da macero come materiale fibroso, è necessario far precedere le fasi di raffinazione e miscelazione dell'impasto da alcuni trattamenti specifici finalizzati a togliere dai maceri tutti i materiali estranei, chiamati contaminanti, come plastica, vetro, ferro, colle, paraffina, ecc. la cui presenza può creare problemi produttivi e condizionare gravemente la qualità del prodotto finito.
Quando sia poi necessario produrre carta con un buon grado di bianco, si deve ricorrere anche ad un trattamento di disichiostrazione, vale a dire all'eliminazione degli inchiostri, vernici e smalti inevitabilmente presenti nei maceri.
La pasta pertanto, dopo lo spappolamento, deve passare attraverso una serie di epuratori studiati appositamente per carte da macero.
Il procedimento avviene in più fasi ed a stadi ripetuti, in modo da togliere inizialmente le parti più grossolane e via via le più piccole.
Una volta terminati tutti i trattamenti previsti, l'impasto così ottenuto può essere utilizzato, nelle fasi successive della lavorazione, con la stessa tecnica di tutte le altre carte.
3.2.1 IL PROCESSO DI DISINCHIOSTRAZIONE
A seconda del tipo di carta da produrre e della qualità dei maceri utilizzati, la configurazione, il tipo e la complessità dei macchinari da utilizzare per la disinchiostrazione possono variare in modo considerevole da impianto ad impianto.
Il processo inizia con lo spappolamento del macero in un pulper ad alta densità (18/20% di fibra).
L'azione meccanica della girante, appositamente sagomata, favorisce, oltre all'eliminazione di plastiche ed altri contaminanti leggeri, la separazione degli inchiostri e delle patine dalle fibre.
Le fasi successive provvedono a separare dall'impasto tutti i contaminanti di dimensione grossolana e media tramite azione meccanica di centrifugazione.
L'impasto così ripulito subisce a questo punto il vero e proprio processo di disichiostrazione. I particolari macchinari utilizzati, operanti con gorgogliamento di aria in ambiente pressurizzato, consentono di separare gli inchiostri dalle fibre raggiungendo efficienze molto elevate.
La successiva fase di pulizia è realizzata per differenza di peso specifico tra le fibre e le residue piccole particelle di inchiostro, smalto, patine, ecc.
A questo punto gli inchiostri e le colle ancora presenti vengono finemente ridotti e dispersi attraverso una macchina a dischi sagomati contrapposti che ruotano ad alta velocità.
Per migliorare l'efficienza di tale procedimento, e allo stesso tempo garantire una maggiore igienicità e pulizia del prodotto, l'impasto viene precedentemente riscaldato ad una temperatura di circa 100° C.
L'ultima fase prevede un "lavaggio" delle fibre, attraverso un'azione meccanica di centrifugazione.
E' importante sottolineare che il processo non prevede fasi di imbianchimento (ad esempio con cloro) e che il principale prodotto chimico utilizzato è un particolare tensioattivo (sapone ad uso industriale), privo di solventi organici, che favorisce la formazione di schiume rendendo più efficace la separazione degli inchiostri.
Tutte le acque di lavorazione sono riutilizzate più volte e prima di essere scaricate sono depurate con un autonomo impianto di trattamento. I residui solidi scartati durante il processo sono invece riutilizzati in altre attività manifatturiere o come materiale di riempimento in opere di ripristino ambientale.
Alla fine di tutti questi trattamenti, in base alla qualità della carta da macero utilizzata, l'impasto può arrivare ad avere un grado di bianco, un contenuto in ceneri (residui minerali) ed una pulizia paragonabili a quelli della pura cellulosa.
3.3 LA TRASFORMAZIONE IN CARTA
Con il termine trasformazione si intende definire il ciclo di fabbricazione della carta partendo dalle materie prime fibrose raffinate, miscelate, epurate e diluite fino alla formazione del foglio di carta, che nella sostanza, è il prodotto finito di tutto il processo.
In questa fase l'impasto fibroso, ottenuto con i processi in precedenza indicati viene portato su un macchinario, la macchina continua, mediante il quale si trasforma la sospensione fibrosa in un nastro continuo.
In questa fase del ciclo la sospensione è già stata preparata allo scopo di generare carta con i requisiti fisico chimici voluti, inoltre miscelata, additivata e diluita ad una concentrazione che può arrivare intorno allo 0.2-0.3%.
Questa rilevantissima aggiunta di acqua costituisce il mezzo insostituibile per raggiungere la feltrazione.
Per feltrazione si intende quel fenomeno di natura fisico-chimica capace di tenere unite solidamente tra di loro le fibre cellulosiche precedentemente preparate a mezzo azione idrodinamica.
Le fibre in sospensione nell'acqua, cioè, vengono opportunamente feltrate su una tela onde trasformarle in un nastro di carta allo stato umido che, attraverso successive lavorazioni, viene disidratato e portato allo stato secco.
Vediamo la descrizione delle varie sezioni di una macchina continua tipo e del processo che in esse si realizza.
3.3.1 LA CASSA DI AFFLUSSO E LA TELA FORMATRICE
L'impasto mescolato, diluito, dosato ed epurato è pronto per essere trasformato in foglio di carta. La sospensione fibrosa, molto diluita (oltre il 99% di acqua), arriva in un contenitore metallico opportunamente sagomato chiamato cassa di afflusso che ha la funzione di distribuire con la massima uniformità e regolarità la sospensione sulla tela formatrice, evitando la formazione di vortici e schiume.
La cassa di afflusso costituisce il cuore della macchina continua, dove in pratica nasce il foglio di carta.
Essa ha in sostanza il difficile compito di distribuire un flusso di pasta ed acqua, in un sottile foglio largo parecchi metri, con caratteristiche uniformi su tutta la larghezza.
La tela formatrice, che è un nastro senza fine che avvolge due o più cilindri che lo fanno ruotare in continuo, ha come funzione fondamentale quella di far perdere buona parte dell'acqua contenuta nell'impasto favorendo, allo stesso tempo, l'unione tra loro delle fibre di cellulosa.
Alla fine del percorso che l'impasto deve fare sulla tela, il foglio di carta comincia ad avere una sufficiente consistenza per essere staccato dal supporto su cui è adagiato e permettere quindi l'inizio di una nuova fase di lavorazione.
Allorché il foglio abbandona la tela, contiene ancora una forte percentuale di umidità.
Tale valore è molto variabile a seconda del tipo di macchina, di impasto e di grammatura, ma normalmente si aggira tra il 60 e l'80%.
3.3.2 LA SEZIONE PRESSE, LA SECCHERIA E L'ARROTOLATORE
Una volta staccato dalla tela il foglio di carta viene adagiato su un feltro; questo è un tessuto sintetico poroso a forma di nastro continuo il cui compito, in primo luogo, è di far avanzare il foglio, su di esso posato, alla successiva sezione presse.
L'altro fondamentale compito del feltro deriva dal fatto che a questo punto del processo il foglio da solo non può essere compresso, perché la sua maggiore componente è l'acqua ed un eventuale tentativo di compressione farebbe sì che le fibre vaganti nel mezzo acquoso si muovano disordinatamente distruggendo la struttura del contesto già formato.
Se invece la pressione viene esercitata sul foglio quando questo giace sul feltro soffice ed assorbente, l'acqua di spremitura si trasferisce al feltro senza disturbare il contesto fibroso.
Le presse sono costituite da coppie di cilindri contrapposti il cui numero e dimensione variano con le caratteristiche della carta da fabbricare.
Dopo l'ultima pressa termina la parte della continua detta zona umida.
Da questo punto in avanti il foglio viene asciugato mediante calore. La carta entra in un complesso di cilindri chiamato seccheria e da questo punto in avanti la rimanente parte della macchina continua viene detta zona secca.
La funzione della seccheria è quindi quella di asciugare il foglio di carta, cioè di disidratarlo quasi completamente (circa 5% di acqua finale).
Il nastro di carta entra in seccheria ad una temperatura intorno ai 15C e deve essere portato gradualmente ad un valore poco superiore ai 100C, onde consentire la trasformazione dell'acqua trattenuta dal supporto fibroso in vapore. Questa vaporizzazione dell'acqua deve avvenire nel tempo impiegato dal nastro di carta a percorrere lo spazio rappresentato dalla seccheria.
Tutta la seccheria è ricoperta da una cappa di alluminio al fine di evitare correnti di aria fredda, con conseguenti dispersioni di calore, ed in modo da ottenere una buona ed omogenea distribuzione del calore su tutta la sezione trasversale del foglio.
A questo punto si può indicativamente dire che, per una tonnellata di impasto secco, diluito in cassa di afflusso allo 0.5% significa una massa di acqua pari a circa 200.000 litri.
Il passaggio sulla tavola piana asporta circa 195.000 litri, 1.700 vengono asportati dalle presse e circa 2.300 devono essere asportati per evaporazione nelle seccherie.
La macchina per la produzione della carta si chiama continua in quanto il foglio di carta si genera senza interruzioni.
Quando il foglio esce dalla seccheria viene avvolto, nella sezione arrotolatore (pope), su un'anima che funge da supporto per la carta che vi si avvolge intorno.
Si crea così una bobina del peso di diversi quintali e di larghezza pari alla larghezza utile della macchina.
Agli effetti commerciali e per le successive fasi di allestimento, le bobine devono avere determinate dimensioni e pesi. Pertanto periodicamente è necessario togliere la bobina formatasi ed avviare l'avvolgimento di una nuova. Questa operazione si realizza senza fermare la macchina continua, predisponendo, vicino alla bobina completa, una nuova anima pronta per essere avvolta dal foglio.
L'operatore di macchina, con un sistema particolare, comanda la rottura del foglio che viene trasferito dalla bobina piena sulla nuova anima da riempire.
La bobina, come tale, viene utilizzata direttamente solo in determinati casi come ad esempio per la stampa di giornali; generalmente, invece, viene trasferita al reparto allestimento o trasportata ad altre industrie trasformatrici che la riducono nei formati occorrenti ai diversi impieghi.
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